Pericolosità sociale

presentazione del libro della Collana 180 – Archivio critico della salute mentale “Una via d'uscita.

Venerdì 14 marzo alle ore 17.30 a Trieste
nell'Aula Magna della Scuola di Traduttori e Interpreti (via Filzi, 14)

Virgilio de Mattos

UNA VIA D'USCITA

Per una critica della misura di sicurezza e della pericolosità sociale

L' Edizioni alphabeta Verlag, Copersam – Conferenza permanente Franco Basaglia per la Salute mentale nel mondo, Magistratura Democratica e la Camera Penale di Trieste promuovono insieme la presentazione del libro della Collana 180 – Archivio critico della salute mentale “Una via d'uscita. Per una critica della misura di sicurezza e della pericolosità sociale. L'esperienza dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario nello Stato di Minas Gerais” di Virgílio de Mattos.
Presenteranno il libro Leonardo Tamborini magistrato, Procura minorenni Trieste, Alessandro Giadrossi avvocato, Camera Penale di Trieste ed Ernesto Venturini, psichiatra, che ne ha curato la traduzione e l'introduzione.

Il libro costituisce un importante contributo al dibattito, quanto mai attuale in Italia, che si è aperto sulle strategie per superare la vergogna degli ospedali psichiatrici giudiziarianche alla luce della nuova imminente “scadenza” e ormai annunciata proroga. Un'occasione anche per riflettere sull’insensatezza e l’arcaicità del “dispositivo” della misura di sicurezza. Il libro consente di discutere e ampliare le conoscenze sugli istituti e i dispositivi giuridico psichiatrici per l'internamento del “reo folle”. Attraversa l’esperienza del Brasile, che presenta importanti analogie con l’Italia, ma anche rilevanti originalità e novità.

Scrive Sergio Moccia, ordinario di diritto penale all'Università di Napoli: “Questo libro non racconta soltanto una storia brasiliana, bensì rappresenta, al di là delle sorprendenti e significative analogie con ampi settori della nostra realtà sociale, istituzionale e legislativa, un'efficace, toccante metafora di una condizione diffusa, purtroppo, a livello planetario. Si narra, infatti, della condizione che il sistema politico e sociale - e, dunque, l'ordinamento giuridico! - crea con l'istituzione manicomiale e delle ragioni per cui essa appare fatalmente destinata alle persone che sono prive «delle grandezze prestabilite e riconosciute - nascita, fortuna, santità, eroismo o genio - e che, tuttavia, sono attraversati da un certo ardore, un eccesso nella cattiveria, nella bassezza, nella sfortuna tali da conferire loro agli occhi di quanti le attorniano, e in maniera commisurata alla mediocrità di questi ultimi, una sorta di spaventevole e miserabile grandezza. [...]”

L'incontro viene organizzato con il PATROCINIO della Camera Penale di Trieste “Prof. Sergio Kostoris” e si inserisce nel PROGRAMMA DEL CORSO PER L’ISCRIZIONE NELLE LISTE DEI DIFENSORI D’UFFICIO organizzato dalla Camera Penale di Trieste per l’anno 2014.
La presentazione del libro si svolge nell’ambito del seminario di perfezionamento “L'ospedale psichiatrico giudiziario. Fondamenti storici, giuridici, culturali. Saperi, indirizzi, organizzazioni per il suo superamento” che si tiene a Trieste, promosso dalla Clinica Psichiatrica dell'Università degli Studi di Trieste e dalla Conferenza Permanente per la Salute Mentale nel Mondo. Sessanta ore, distribuite in tre week-end lunghi, dal 13 marzo all'12 aprile 2014.
Oltre a rappresentare un evento formativo utilizzabile nella costruzione del proprio curriculum formativo, il seminario vuole essere un momento di approfondimento, discussione, convergenza sulle possibile e concrete “vie d'uscita” (per ulteriori informazioni e iscrizione vedi http://www2.units.it/immatricolazioni/perfezionamento).

Approfondimenti:
http://www.edizionialphabeta.it/Book/it-142-2885.aspx?id=978-88-7223-180-7

Info:
collana180@studiosandrinelli.com
, tel. 040-362636
 

Scientificamente parlando, l'ergastolo non ha (più) senso.

di  UMBERTO VERONESI
 

La posizione nei confronti delle carceri del ministro della Giustizia,   Paola Severino, orientata a restituire dignità alla condizione dei detenuti, mi trova pienamente allineato.

Al di là delle singole misure contenute nel suo   decreto “svuota carceri”  (come l’innalzamento da 12 a 18 mesi della pena detentiva che può essere scontata ai domiciliari dal condannato), che trovo illuminate e ben motivate, credo che il suo grandissimo merito sia quello di aver dato il segnale chiaro che è ora di ripensare il nostro sistema carcerario.

I metodi moderni sono volti al recupero e alla riabilitazione del detenuto, non alla sola punizione, magari unita all’umiliazione e alla perdita della dignità umana. Questa osservazione riporta all’attualità un tema che da tempo dibattiamo all’interno del movimento “Science for Peace” e che riguarda in primo luogo la pena di morte.

La nostra convinzione è che andrebbe chiamata “assassinio di Stato”, perché uccidere un criminale è un modo per legittimare la violenza, e non può che creare una spirale negativa nella società. Ma esiste anche un’altra forma di pena di morte: l’ergastolo.

Si chiama carcere “a vita”, ma, di fatto, è un modo per sopprimere la vita, perché il detenuto non è più una persona, ma la vittima di una lenta agonia, fino alla fine della sua esistenza. Per questo sono a favore dell’abolizione dell’ergastolo e per l’introduzione di un massimo di pena di 20-25 anni.

Questa di “Science for Peace” è una posizione civile, ma soprattutto scientifica. Le più recenti ricerche hanno dimostrato che il nostro sistema di neuroni non è fisso e immutabile, ma è plastico e capace di rinnovarsi. Questo ci fa pensare che il nostro cervello non sia uguale a quello che era nei decenni precedenti.

Vuol dire che il detenuto che teniamo rinchiuso in carcere oggi,  non è la stessa persona che abbiamo condannato 20 anni fa. L’ergastolo si basa sulla convinzione che un criminale non sarà mai recuperabile, invece le neuroscienze ci dimostrano che si può riportare alla convivenza civile anche il più incallito dei delinquenti (ma ci vogliono anni).

Su questo punto il nuovo film dei fratelli Taviani, Cesare deve morire, sembra darci ragione. Infatti un nutrito gruppo di carcerati dell’istituto romano di Rebibbia si rivela fatto di bravissimi attori cinematografici. Dotati, oltre che di un forte senso artistico, anche da umanissimi sentimenti.
 
 
(fonte dell'articolo:  http://www.grazia.it/magazine/le-opinioni/Scientificamente-parlando-l-ergastolo-non-ha-piu-senso

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