Storie

Contenuti che trattano di storie e racconti sugli OPG

Un giovane muore nell’OPG di Montelupo. Una mamma, per caso, scopre che esistono i manicomi criminali. E scrive al Cardinale Martini, che risponde …

Gentile Cardinal Martini, vivo nella civile Toscana, vicino a Firenze. Ho ignorato l’esistenza dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino fino a quando ho letto su un quotidiano locale una breve notizia di cronaca. Un ragazzo di 28 anni, ligure, si era suicidato inalando del gas. Mio figlio ha la stessa età: la mia mente di mamma ha subito immaginato un ragazzo fragile, paralizzato dalla paura, solo in un carcere. Pensavo infatti si trattasse di una vittima del carcere, ma ho scoperto invece che era vittima di qualcosa di peggio, di un manicomio criminale. Non sapendo cosa fosse un ospedale psichiatrico giudiziario ho iniziato a informarmi e mi sono imbattuta su Internet in un video girato da una commissione del Senato.
Non sono riuscita a guardarlo tutto, perché la desolazione e lo sconforto si sono fatti troppo pesanti. Le pareti scrostate, le docce luride e spoglie, l’aria lugubre delle celle umide dove giacevano raggomitolati tanti uomini dall’aria spenta o disperata. Forse una volta sono stati bambini e ragazzi «normali», con una famiglia, degli amici, la scuola, i libri. Credo che nessun crimine possa giustificare che una persona venga umiliata e privata di dignità e cure. A queste persone si è inflitta una punizione inesorabile, senza possibilità di riscatto. D’un tratto, eminenza, mi sono sentita sporca e colpevole: come possiamo continuare a vivere tranquilli quando sappiamo che nel nostro Paese ci sono antri dell’orrore come questi? Non dovremmo impegnarci tutti, a tutti i livelli, per cancellare una simile vergogna?
(Lettera firmata, Firenze)

Lei esprime i sentimenti che ciascuno proverebbe al suo posto davanti a simili scene. Non sono mai stato personalmente in un ospedale psichiatrico giudiziario, perché nella diocesi di Milano c’erano solo i penitenziari. La descrizione che Lei ne fa nella sua lettera mi ha colpito molto. Mi sembrano scene viste nei lager della Seconda guerra mondiale e mi sembra impossibile che esistano ancora oggi luoghi tanto terribili. Ma se ci sono è evidente che esistono ancora uomini e donne che non sono considerati tali. I cui delitti sono considerati più grandi della loro stessa dignità umana. Vorrei gridare ancora una volta che l’uomo è più grande del suo peccato, l’uomo è più dei suoi errori, l’uomo per quanto colpevole rimane uomo. Le sue fragilità, i drammi che lo abitano, le mostruosità che può aver commesso, offuscano, sbiadiscono, ma non cancellano la sua dignità che, anzi, la società è chiamata a ricostruire, a pulire, a educare, a medicare. Dice Gesù: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti ma i peccatori» (Mc 2,17). E se la società ha il dovere della giustizia, essa è mirata a recuperare tutto il possibile dell’umano che c’è in ogni uomo, tutto il bene rimasto in esso. Chi lascia l’uomo nella sua colpevolezza, chi lo scolpisce dentro di essa, non è molto diverso dal colpevole stesso.
Auspico che il mondo sintonizzi il suo cuore con quello dello scrivente e che mai avvenga, per questioni di danaro o di semplice disinteresse, che uomini e donne siano abbandonati ai loro errori e alle loro malattie.
di Carlo Maria Martini
(da “Il Corriere della Sera” del 29 gennaio 2012) 

Ivan: rinchiuso a Castiglione dello Stiviere dal 26 settembre 2010. La lettera dei genitori inviata alla redazione di StopOPG

Siamo i genitori di Ivan che si trova rinchiuso a Castiglione dello Stiviere dal 26 settembre 2010 per un episodio avvenuto nel luglio 2009. In seguito a perizia psichiatrica richiesta dal magistrato, dalla quale risultava che non si poteva escludere in futuro la "pericolosità sociale", il giudice per le indagini preliminari ha deciso il ricovero in OPG come misura cautelare in attesa di processo.
L'udienza si è tenuta dopo 14 mesi al Tribunale di Mantova (Sentenza il 17 Novembre 2011), con assoluzione dal capo di imputazione principale (Rapina) e la condanna a 3 mesi per il capo accessorio (Aggressività nei confronti del padre) e la misura di sicurezza di ulteriori 6 mesi di permanenza in Opg per la possibilità della pericolosità sociale.
… intendiamo aderire alla campagna Un volto un nome promossa da StopOpg, con motivazioni meglio specificate nel documento I GIORNI CONTATI.
Enzo e Mara

 

 

I GIORNI CONTATI

Tutti noi abbiamo i giorni contati meticolosamente: oggetti più o meno tecnologici, dal cellulare al display dell’automobile, dal cartellino sul posto di lavoro al calendario digitale, scandiscono le ore e i giorni della nostra vita; le persone che ci stanno accanto e attorno, gli appuntamenti dal dottore o dal commercialista, il pagamento dell’ICI o del bollo della macchina accompagnano il trascorrere del nostro tempo con il mutevole alternarsi delle stagioni.
Chi conta i giorni delle persone che vivono negli OPG, strutture a doppio comando tra Giustizia (nella sostanza) e Sanità (pura forma spesso vuota)?
Certamente non i giudici che se ne occupano. Per loro il tempo della misura cautelare non viene messo in conto; dati i tempi della giustizia, possono restare in attesa di processo 14, 16, 18 mesi anche, internati in questi luoghi in uno stato definito “provvisorio”: che significa in buona sostanza “nessuna definizione di un programma “, nessun permesso di uscita neppure accompagnati da personale interno, i giorni che si succedono uno dopo l’altro tutti uguali: tutti ugualmente vuoti.

E quando finalmente si arriva alla sentenza (esempio: assoluzione dall’imputazione principale, condanna di 3 mesi per una sciocchezza collaterale, una di quelle cose nelle quali le persone con problemi psichici sono maestri), si potrebbe pensare che finalmente ricomincia il conteggio dei giorni. Invece no, perché il giudice ha 60 giorni (termine sembra non vincolante) per depositare la sentenza e renderla definitiva. Ricomincia dunque il meccanismo perverso dei giorni che nessuno conta… non il diretto interessato, che da tempo ha smesso di contare … non il personale dell’OPG, per il quale permane lo “stato provvisorio”.

Molti potrebbero controbattere: comprendiamo questo intervento, proviene dai genitori di una persona che dal 26 settembre 2010 è internata a Castiglione delle Stiviere in stato “provvisorio”… come non capire il loro stato d’animo? Ma le cose non stanno così: in realtà, nel tentativo di conservare la residua capacità di contare i giorni, i giorni della nostra vita e di quella di nostro figlio, siamo disponibili a mettere parte del nostro tempo e delle nostre risorse a favore della campagna StopOPG e a sostenere il manifesto Un volto un nome: restituire identità, storia e cittadinanza.

Per ridare dignità e identità a 1500 persone a cui sono state rubate, tra le quali nostro figlio.

Enzo e Mara

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