Roma, 27 3 2014. StopOPG al Senato: intervento di Stefano Cecconi

 

Ringrazio la Presidente senatrice De Biasi, e i componenti della Commissione Igiene e Sanità del Senato, per aver organizzato questo seminario, su un argomento difficile per la politica, e che anzi possiamo definire scabroso.

Siamo ad un bivio decisivo: il primo aprile scadrà il termine fissato dalla legge per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Ma le Regioni, responsabili dell'assistenza sanitaria alle persone internate, non sono ancora pronte, nonostante le proroghe già concesse. E infatti il Governo ha già annunciato un nuovo decreto di proroga. Si protrae così la grande sofferenza per gli internati nei sei Opg presenti sul territorio nazionale, definiti dal Presidente della Repubblica Napolitano strutture indegne per un Paese civile.

I ritardi nella chiusura degli OPG sono dovuti ad un errore che era insito nella legge 9/2012 ma che è stato accentuato da un’interpretazione riduttiva delle norme: tutta l’attenzione si è concentrata sulla costruzione delle REMS come “sostituzione” dell’OPG. Ma l’OPG non si supera con dei “mini OPG” regionali, quali sono le Rems ! Si supera costruendo percorsi di cura e di riabilitazione che svuotino l’OPG e impediscano nuovi internamenti (in Opg e in Rems).

Per questo vi dico che non è accettabile una proroga senza fissare precisi vincoli.

Se il decreto si farà, deve contenere disposizioni stringenti, che favoriscano le dimissioni e le misure alternative alla detenzione. E disposizioni chiare per bloccare gli ingressi impropri in Opg (ad es. misura di sicurezza provvisoria) e porre fine alle proroghe, dovute in gran parte non alla pericolosità della persona ma all’incuria delle istituzioni che dovrebbero farsi carico dell’assistenza. Ciò è possibile anche fissando un termine alla misura di sicurezza: non può essere superiore alla durata della “corrispondente” pena detentiva. Oggi non è così e lo provano appunto le ripetute proroghe della misura, che conducono fino agli “ergastoli bianchi”.

Per prima il decreto deve creare una cabina di regia tra istituzioni (Ministeri della Salute e della Giustiza, Regioni), per guidare il superamento degli Opg e far scattare le funzioni commissariali. Quindi, come previsto dalle norme e dalle sentenze della Corte Costituzionale, permettere le dimissioni di gran parte degli attuali internati e prevenire futuri internamenti: con l’utilizzo di comunità, residenze, alloggi protetti, ecc, che garantiscono le cure necessarie e che permettono il recupero. Per questo il decreto deve “imporre” a tutte le regioni (Asl e Dipartimenti di Salute Mentale) la presentazione dei Progetti terapeutico riabilitativi individuali PTRI, già previsti dalla legge ma non obbligatori. Sono questi Progetti che permettono alla Magistratura di optare per misure alternative alla detenzione. Per questa operazione vanno utilizzati i finanziamenti destinati alla chiusura degli OPG, portarla a termine vuol dire potenziare i servizi di salute mentale per tutti i cittadini, non solo per gli internati. Ciò significa far diventare le REMS – i cosiddetti “mini Opg” regionali previsti dalla legge 9/2012 - “inutili” o quantomeno residuali e transitorie. Qui infatti sta uno degli errori alla base del ritardo: Governo e Regioni hanno interpretato il superamento degli OPG come mera regionalizzazione degli stessi. Con un dato paradossale: nelle REMS programmate in tutte le regioni sono previsti mille posti, più degli attuali internati ! (sono 894 secondo il DAP). Il decreto deve cambiare questa impostazione, anche per scongiurare che il personale sanitario sia adibito a funzioni di custodia anziché di cura.

Infine, sappiamo che è indispensabile una modifica sostanziale del Codice Rocco. Altrimenti resta “aperto il rubinetto” che alimenta gli Opg, mantenendo separati i destini dei “folli” da quelli dei “sani”, secondo la logica manicomiale. Chi commette un reato deve essere giudicato, scontare una pena se colpevole, e se ha bisogno di cure essere assegnato ad un “luogo” adatto, sapendo bene che né carcere né manicomio sono luoghi di cura.

Non possiamo però attendere la modifica dei Codici, il decreto intanto deve riportare l’attuale processo di superamento degli Opg “nella carreggiata della legge 180”. Nella strada segnata da Franco Basaglia, quando Marco Cavallo sfondando il primo muro del manicomio di Trieste iniziò a restituire cittadinanza a migliaia di uomini e di donne.

Stefano Cecconi